Veste Zara e H&M, beve bevande energetiche tipo Redbull o centrifughe, mangia pizza ai peperoni ma anche alimenti biologici e vegani. Non si perde una puntata della serie TV Dr. House ma la sua vera passione è internet: gran parte del suo tempo libero è diviso tra social network, Whatsapp e musica in streaming, sia su cellulare che su PC. Questo è il ritratto del ventenne della porta accanto, ma anche dello studente cinese, del giovane operaio indonesiano, dell’organizzatrice di eventi di San Paolo o del ragazzo del call center di Casablanca.
È la Generazione Y degli under 25, quella dei nativi digitali, la più globale che il mondo abbia mai conosciuto. Che esista ormai è cosa nota; che esista anche nei paesi emergenti, forse, un po’ meno.
Non importa se questi giovani siano musulmani o cattolici, asiatici o africani: questi ragazzi, nonostante le differenze culturali, geografiche ed etniche, sono molto simili. Ma non si tratta di omologazione, bensì piuttosto di integrazione e multiculturalità.
Sociologi ed esperti di marketing hanno già effettuato numerose ricerche dedicate alla generazione under 25, e le considerazioni socio-economiche sono interessanti: se finora si è sempre sostenuto che, per competere sui mercati emergenti, occorre riadattare i prodotti secondo la cultura del target da colpire, adesso non è più vero, almeno per quanto riguarda gli under 25. Spesso questi giovani, complice la globalizzazione, hanno infatti gusti simili; ciò che compra un ventenne italiano funziona anche nel resto del mondo. Per le aziende che esportano, ma anche per le destinazioni e le aziende che offrono ospitalità, si aprono nuove prospettive, soprattutto perché i Millennials non sono pochi: per l’esattezza, la metà della popolazione mondiale.
Gli under 25 sono crossmediali, tecnologici, urbani, istruiti, ma anche a rischio di disoccupazione (data l’attuale congiuntura economica) e decisamente multiculturali, in virtù dei nuovi media, di cui sono padroni e grandi utilizzatori. Il boom di internet in Africa e in Medio Oriente, non a caso, è guidato prevalentemente da under 30.
Gli under 27 cinesi, per esempio, passano sulle chat una media di 9 ore alla settimana, tre volte tanto rispetto ai coetanei statunitensi, e finiscono con l’approvvigionarsi tutti alle stesse fonti. Lin Yang, insegnante all’Istituto di Psicologia della Chinese Academy of Sciences, racconta: «Mia nipote ha solo dieci anni ma conosce perfettamente marchi come Bmw, Gucci, Chanel, Omega o Apple».
La generazione Y è in tutto e per tutto una nuova classe di consumatori. La loro dimestichezza con le nuove tecnologie e i nuovi media cambia radicalmente l’approccio con cui il marketing deve guardare a questo target. La chiave per raggiungerli sarà certamente internet, meglio ancora se tramite smartphone.