Ha il sapore di un ritorno alle origini l’evoluzione in atto nel rito dell’aperitivo. Una trasformazione che passa per il recupero della migliore tradizione italiana. Superata, o comunque in deciso calo, la formula dell’happy hour e dell’apericena, tutta impostata su una ricca e talvolta eccessiva proposta food, non sempre di qualità adeguata, l’aperitivo torna a orientarsi su un maggior equilibrio tra i due elementi, spostando il suo focus dalla quantità alla qualità, sia del drink sia del cibo.
L’aperitivo si riappropria così del suo significato più autentico, quello di bevanda, in genere alcolica ma anche analcolica, concepita per stimolare l’appetito, da accompagnare con il giusto stuzzichino, che diventa più ricercato e a base di ingredienti locali. Una formula in perfetto stile italiano, espressione di quel “buon vivere” che tutto il mondo ci riconosce. Soprattutto, una formula vincente che dall’Italia va imponendosi anche sulla scena bar internazionale.
Al tempo stesso, però, il concetto di aperitivo si amplia, nel senso che la proposta, dai tradizionali cocktail pre dinner, si è ormai allargata anche a drink inizialmente non pensati per questo momento, come long drink, drink rinfrescanti, drink fruttati, drink a bassa gradazione alcolica fino ai Mocktail, ovvero drink del tutto privi di alcol, seguendo i trend più in voga nella miscelazione, assecondando gusto e tendenze del pubblico. Un rito, insomma, che non ha più solo la classica funzione di preparazione al pasto, ma che diventa un momento di ritrovo e un’occasione di consumo prima del pasto.
Il ritorno dei grandi classici
Per ciò che riguarda i drink, una delle principali tendenze in atto è la riscoperta dei grandi classici a base vermouth. E quindi della tradizione italiana, non solo perché il nostro Paese è la patria del vermouth moderno, ma anche perché l’Italia è da sempre in prima fila in questo tipo di miscelazione.
«Un trend che ha preso il via qualche anno fa negli Stati Uniti, con il recupero della miscelazione storica e che, grazie all’opera di autorità del settore, come Jason Wilson, spirits & cocktails columnist del Washington Post, e David Wondrich, storico dei cocktail, ha riacceso i riflettori verso quest’eccellenza enologica piemontese alla base di capolavori quali il Martini cocktail e il Manhattan – spiega Fulvio Piccinino, bartender, ricercatore e studioso del bere -. L’interesse si è quindi spostato verso la miscelazione in stile italiano, in particolare sugli aperitivi, ora diventati dei must per i bar di tutto il mondo».
Uno stile che ha tra i suoi ambasciatori cocktail quali l’Americano, la cui genesi risale ai primi del Novecento, il primo drink italiano servito con aggiunta di soda e ghiaccio secondo quella che allora era la moda americana, dalla quale ha preso il nome, il Negroni, che nasce all’inizio degli anni Venti dello stesso secolo al Caffè Casoni di Firenze da una geniale idea del conte Camillo Negroni e del suo amico barman Fosco Scarselli, il Negroni Sbagliato, una variante del classico nata per caso nel 1972 al Bar Basso di Milano, ad opera di Mirko Stocchetto.
Ma ancora il Milano Torino, che può essere considerato il capostipite di questa tradizione, nato nella seconda metà dell’Ottocento e realizzato dall’unione dei due prodotti principe delle due città, il bitter di Milano e il vermouth torinese, un cocktail di recente tornato di gran moda. Così come è uscito dall’oblio il Vermuttino, un drink che impazzava nell’Ottocento durante quella che veniva chiamata “l’ora del vermouth” e che ora torna a essere proposto.
«Cocktail dalla gradazione non elevata, non complessi da realizzare, piacevoli da bere perché giocati su un magico bilanciamento tra dolce e amaro, tipico della nostra scuola - commenta Piccinino -. Insomma, un combinato di elementi che li rende degli aperitivi perfetti».
Il giusto stuzzichino
Gradevolezza che aumenta ancora di più, se la bevuta si accompagna a qualche sfiziosità da mangiare. Le possibilità in questo caso sono diverse, dalle più semplici alle più ricercate, e molto dipende dal gusto e dalla capacità del barman. In generale, il consiglio è di lavorare sui contrasti, in modo da esaltare meglio il gusto del drink, ma facendo attenzione a non eccedere.
«Per drink più dolci, a base di vermouth rosso, uno degli abbinamenti più semplici, ma di alta efficacia è con i formaggi stagionati: una scaglia di Parmigiano con stagionatura di 24 o 36 mesi è l’ideale – spiega Piccinino -. Altrettanto il Castelmagno a media stagionatura. Ma vanno benissimo anche piccoli stuzzichini di salame o delle tartine con acciughe sott’olio. Per i cocktail più secchi, a base di vermouth dry o extra dry, il consiglio è invece di puntare su proposte che introducano qualche elemento di dolcezza, come le sarde a beccafico, una tartare di salmone».