Quali sono le basi per un' ottima gestione dei rifiuti?
Le regole per la raccolta
Come tutte le attività anche il bar genera i suoi scarti. Montagne di bottiglie vuote, lattine, contenitori, imballi, avanzi di cibo e scarti di preparazioni: una montagna di rifiuti che ogni sera si accumula nel locale e che va raccolta, gestita e smaltita nel modo corretto. Il tema dei rifiuti è delicato e rappresenta un importante tassello nel quadro igienico-sanitario del locale, in quanto una certa trascuratezza nella gestione degli scarti potrebbe favorire la proliferazioni di germi e batteri e costituire una fonte di contaminazioni e infezioni che mettono a rischio la sicurezza del personale e dei clienti.
«In genere, un bar produce due tipologie di rifiuti: quelli assimilabili ai rifiuti urbani e i rifiuti speciali – spiega Cesare Martino, tecnologo alimentare e consulente per manuali Haccp -. I primi, che rappresentano la stragrande maggioranza, sono costituiti da carta, cartoni, carta alimentare, plastica, vetro, scarti e avanzi di cibo e alimenti, e vengono raccolti e smaltiti dall’azienda che ha in gestione il servizio ambientale locale, proprio come per i rifiuti che vengono generati nelle abitazioni. Il loro ritiro è pertanto soggetto ai regolamenti comunali che fissano il giorno di consegna e le regole per la differenziazione, dal momento che la raccolta differenziata è una pratica che si è praticamente diffusa in tutta la penisola e di solito prevede una suddivisione in tipologie quali umido, plastica, vetro, metalli, carta, indifferenziato».
La prima buona norma è dunque eseguire una corretta differenziazione, pratica che aiuta anche a migliorare l’impronta ecologica del locale.
Contenitori ben chiusi e sempre puliti
Rispetto a quanto accade in una normale abitazione, però, proprio per le problematiche di igiene e sicurezza correlate, la raccolta dei rifiuti del bar prevede regole più stringenti, a partire dai contenitori da utilizzare. Questi, infatti, devono possedere una serie di caratteristiche, la prima delle quali è che siano sempre ben chiusi e dotati di sistema di apertura meccanica, che può essere a pedale o un dispositivo elettronico. L’obiettivo è che l’operatore non venga a contatto con il contenitore, una misura cautelativa per prevenire il possibile rischio di contaminazione. Un’attenzione che riguarda in particolare i rifiuti organici che possono andare in putrefazione e diventare fonte di germi, ma che vale per tutte le tipologie di rifiuto. Tenere il contenitore chiuso, inoltre, evita che questo sia fonte di attrazione per insetti e animali infettanti che possono penetrare nel locale.
Il contenitore deve essere poi realizzato in un materiale facilmente lavabile e disinfettabile, quindi in plastica o metallo (acciaio inox), in modo da tenerlo sempre pulito. La pulizia va effettuata con regolarità, per evitare che lo sporco accumulato diventi altra fonte di accumulazione e attrazione per ospiti indesiderati, utilizzando prodotti professionali.
«I contenitori vanno allontanati il prima possibile dagli ambienti di lavorazione e fino al momento della raccolta custoditi in un ambiente isolato, anche esterno – spiega l’esperto - L’importante è che il deposito temporaneo sia comunque al riparo da fonti di contaminazione e dagli animali e tenuto pulito, in quanto potrebbero verificarsi dei percolamenti e topi e gatti potrebbero accedervi, spargendo i rifiuti e creando nuovi rischi di proliferazione».
Una norma da osservare con attenzione, soprattutto nei periodi caldi, quando gli scarti possono alterarsi più velocemente e attirare gli insetti, come mosche e scarafaggi.
Come gestire gli oli esausti di frittura
Accanto a quelli assimilabili come rifiuti urbani, un bar può produrre anche una certa percentuale di rifiuti speciali non pericolosi.
«Per un locale, questi sono rappresentati sostanzialmente dagli oli alimentari esausti, il residuo che viene generato quando si friggono oli e grassi vegetali e grassi animali per la preparazione ad esempio di piccoli fritti per l’aperitivo o altre golosità – spiega Martino - Le alte temperature alle quali l’olio viene sottoposto provocano un’alterazione della sua struttura che ossidandosi assorbe le sostanze inquinanti derivanti dalla carbonizzazione dei residui alimentari. L’olio diventa così una grave causa di inquinamento, soprattutto per l’acqua perché forma un velo sulla superficie che non permette lo scambio dell’ossigeno con l’aria, e pertanto non può essere smaltito semplicemente buttandolo nello scarico».
Del suo smaltimento si occupano aziende specializzate, autorizzate e iscritte al Conoe (Consorzio obbligatorio nazionale di raccolta e trattamento di oli vegetali e grassi animali esausti) che lo recuperano trasformandolo in biocarburante, lubrificante vegetale per macchine agricole, glicerina per sapone e altri prodotti industriali, con le quali il locale che esegue fritture deve obbligatoriamente stipulare un contratto per la raccolta e il recupero. L’olio esausto va stoccato in appositi fusti, solitamente forniti dalla stessa azienda, che devono essere facilmente identificabili, chiusi e non lasciare che vi siano percolazioni, e va periodicamente, almeno una volta all’anno, consegnato alla ditta che provvede allo smaltimento.