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Da un piatto del passato rielaborato, da un ingrediente, da un’ispirazione che abbiamo avuto camminando per strada, da un disegno, un’opera d’arte, un viaggio all’estero, da un insieme di esperienze e assaggi? Lo stesso ci chiediamo quando ci troviamo davanti ad una costruzione di architettura o ingegneria.

Avete mai pensato di preparare un piatto partendo da un progetto o da un disegno schizzato su carta millimetrata?

La cucina di oggi dimostra che il “disegno” della ricetta è la ricetta stessa, ne è parte integrante, fa bene agli occhi ma in realtà incide anche sulla struttura dei sapori e quindi sul gusto.

Ma cosa ha a che fare “il design” con il senso del gusto?

La risposta è che il design evoca le medesime sensazioni del gusto della cucina, meglio ancora se essa è buona cucina, sensazioni che scaturiscono dalla perfetta fusione tra gusto estetico e sensoriale, per cui è la forma che influenza il gusto, ma il gusto è anche nella forma.

Progettare diventa l’arte di assemblare ingredienti diversi secondo una precisa ricetta per ottenere un risultato finale di buon gusto ma anche di piacevole impatto visivo.

L’architetto è l’elemento fondamentale per la ricetta di un progetto di architettura, così come lo chef per una cucina creativa che, elaborata o semplice, sia comunque ingrado di solleticare i piaceri del gusto. Ferran Adrià, chef del ristorante El Bulli di Barcellona, afferma che “La cucina come l’architettura, si manifesta nella costruzione. Il cuoco come l’architetto, si basa su una serie infinita di risorse creative che permettono di creare meraviglie dai materiali da costruzione di base. Ma anche con i marmi più pregiati o il miglior caviale, il successo non è garantito, l’architettura, come la cucina si evolve e dura sotto forma di ricordi, di sapori.

Il cibo diventa protagonista, dal bozzetto iniziale al piatto finale. Il primo assaggio avviene sempre con gli occhi.

La sensazione visiva di un piatto è importante quanto il suo sapore: in occidente, a causa della postura che si assume a tavola, il piatto viene visto dall’alto e in genere concepito in modo bidimensionale, come un quadro; in Oriente, invece, dove il cibo è tenuto quasi a livello degli occhi, la presentazione include sempre anche una dimensione verticale.

L’unico aspetto indiscutibile è che non si mangia più solo con la bocca ma anche con gli occhi: ciò che è bello a vedersi può sembrare più buono nel momento in cui lo si gusta. Il cibo non è mai presentato e servito così com’è ma dovrebbe essere elaborato nel modo più attraente possibile, come affermano oggi i Food Designer. Le creazioni della cucina futurista, i buffet imperiali della corte del Re Sole, l’inventore della haute cuisine Marie Antoine Carême, e creazioni ispirate a Pollock dell’antesignano Gualtiero Marchesi ma anche le verdure intagliate dei villaggi turistici, le nevicate di prezzemolo e le spolverate di cacao: tutto a suo modo è food-design, la differenza sta nel buon gusto.

Presentare un piatto in modo armonioso e affascinante influisce sulle aspettative relative al gusto, la presentazione rende il cibo attraente. È l’impatto visivo che crea in noi l’aspettativa di ciò che andremo a mangiare. Gli ingredienti, se ben presentati, aumentano il loro livello di appetibilità, predisponendoci quindi ad aver voglia di mangiare per poi meglio recepire il gusto del piatto.

Tutti dovrebbero essere portati a conoscenza del fatto che le presentazioni delle portate toccano tutte e tre le componenti chiave del piacere, come individuato da Daniel Kahneman nel suo lavoro sulla psicologia edonica: l’aspettativa, l’esperienza e la memoria. Il posizionamento degli elementi varia a seconda della forma del piatto in cui è servito, tutto quello che si mette nel piatto deve essere commestibile e non solo esclusivamente decorativo.

È importante evitare la realizzazione di elementi di grandi dimensioni o impalcature che renderebbero difficoltoso l’accesso al cibo. In definitiva, la presentazione di un piatto oggi va tradotta come il “disegno” di un “progetto” che ha come scopo il miglioramento del rapporto uomo-cibo, un progetto che diffonda la cultura del gusto consentendo di godere a pieno del cibo gustato.

Bisogna essere quindi un po’ cuoco e un po’ architetto, per costruire, letteralmente, il piatto. Come una scultura, tutta da mangiare e sicuramente di buon gusto.

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